sabato 4 aprile 2009

Luglio

Luglio

ha 31 giorni; il giorno ha 14 ore e la notte 10 ore

 

1              I santi anarghiri Cosma e Damiano, uccisi a pietrate sul monte: licenza di vino e olio.

Si deve sapere che ci sono tre coppie di santi a nome Cosma e Damiano: quelli al tempo di Carino, quelli arabi decapitati al tempo di Diocleziano, e i figli di Teodota, che si addormentarono santamente.

2             La deposizione della preziosa veste della Madre di Dio a Vlacherne: licenza di vino e olio.

3             Il santo martire Giacinto.

                Il nostro padre tra i santi Leone, papa dell’antica Roma.

Nato nella Sicilia insulare o in quella continentale, condannò l’eresia dell’empio Onorio, già papa dell’antica Roma, e si addormentò in pace nell’anno 683.

4             Il nostro padre tra i santi Andrea di Creta.

5             Il nostro venerando padre Atanasio l’Athonita.

                I santi martiri Stefano e Socrate.

Secondo la tradizione, Stefano era di Nicea in Bitinia e fu consacrato dall’apostolo Paolo come primo vescovo di Reggio; sempre secondo una tradizione, Socrate era suo diacono.

                Il nostro venerando padre Tommaso.

Pare sia vissuto all’inizio della Francocrazia, e le sue reliquie erano venerate nel Monastero della Theotokos presso Terreti, distrutto nel 1910.

                Il nostro venerando padre Niceforo il Nudo.

A causa delle invasioni dei Francogermanici, insieme a san Fantino il Nuovo abbandonò la Calabria e si stabilì a Tessalonica. Raggiunto poi l’Athos insieme a sant’Atanasio di Trapezunte, vi si addormentò in pace.

6             Il nostro venerando padre Sisoe il Grande.

Nello stesso giorno, memoria dei santi martiri Astios, Peregrino, Luciano, Pompeo, Isichio, Papio, Saturnino e Germano.

7             La santa grande martire Kiriakì.

Secondo una tradizione, le reliquie di questa santa, detta anche Domenica, furono trasportate nella Sicilia continentale e deposte a Gerace, nell’acropoli dei Locresi, che d’allora si chiamò appunto Santa Ciriaca; sembra che poi parte di esse siano state portate a Tropea, come si dice, dagli angeli.

8             Il santo grande martire Procopio.

                Sant’Adriano III, papa dell’antica Roma, che condannò l’eresia del Filioque e si addormentò in pace nell’anno 885.

9             Il santo sacromartire pari agli apostoli Pancrazio.

Questo glorioso Pancrazio, nato in Antiochia di Siria, insieme a suo padre, Marcello, era tra i Greci che salirono a Gerusalemme per vedere il Signore. Dopo l’ascensione di Cristo, trovandosi nelle regioni del Ponto, fu consacrato vescovo e partì per la Sicilia, imbarcato sulla nave d’un certo Licaonide. La nave approdò a Fàlcona, dove sorgeva l’antica villa di Falconila. Discendente della regina Menia, una macedone fondatrice di Taormina, Falconila aveva un figlio bellissimo, Falcone, il quale un giorno, mentre giocava nel giardino, morì improvvisamente. Fu sepolto in quello stesso giardino, sulla sua tomba fu innalzata una statua, e attorno vi fu eretto un magnifico tempio: ogni anno al divinizzato Falcone si sacrificavano tre giovani, scelti tra i più belli figli di Taormina, e 63 buoi.

Pancrazio disse a Falcone: “Dimmi: è da molto che stai qua?” Falcone risponde: “No; sono appena duecentosessanta anni”. Ed ecco che da destra giunse in volo uno stormo di corvi e da sinistra uno stormo di aquile, sollevarono come un fuscello il tempio di Falcone e in un batter d’ali lo buttarono in mare. L’indomani i sacerdoti scoprono che il tempio non c’è più; urlando disperati e piangendo corrono dalle autorità: Il tempio del gran dio Falcone è sparito! Non ci sono più neppure le fondamenta!” Bonifacio, governatore di Taormina, li rimprovera: “Sacerdoti delle grandi divinità di Taormina, avete per caso fatto male le rituali cerimonie? e perciò il dio Falcone se ne è andato da qualche altra parte? Andate a indagare!”

Anche Bonifacio fa le sue indagini, e scopre che è stato il nuovo arrivato in città, Pancrazio, ad aver fatto sparire Falcone. Va allora alla casa dove è alloggiato Pancrazio, ed ecco lo vede come tutto di fuoco, assiso su un trono fiammeggiante. “Come faccio ad avvicinarmi e parlarti” – geme Bonifacio – “avvolto come sei di fiamme?” Pancrazio si leva allora l’abito sacerdotale e, sparite le fiamme che lo avvolgevano, fa sedere accanto a sé Bonifacio e l’istruisce nella fede cristiana. Conversando con Bonifacio, Pancrazio viene a sapere d’un certo dio Lissone e subito scrive una lettera: “Pancrazio, servo di Gesù Cristo, a Lissone, nume dei Taorminesi. Con la presente, ti ordino di startene muto”. L’indomani, mentre Pancrazio celebra la divina Liturgia, rivestito di luce e di fiamme, ecco che tutta la città ode la voce del dio Lissone che grida: “E’ ormai inutile rivolgersi a me; il discepolo di Gesù mi ha mandato via; è piombata su Taormina una spada di fuoco che ha liquidato Falcone, Dia e tutti gli altri dei!” Gli idolatri, ostinati, rialzano l’ara di Lissone, sebbene il dottor Santippo, filosofo e primo tra i medici di Taormina, li avvisi che, a suo parere, il Dio di Pancrazio è più potente di tutti gli dei messi insieme. E infatti Pancrazio indossa gli abiti sacerdotali, ovvero si ammanta di fuoco, e affronta Lissone: terrorizzato, il grande serpente in cui s’era incarnato Lissone, scappa da Taormina e si butta a mare.

Aboliti così i culti demoniaci, Pancrazio portò alla vera fede Taormina, e poiché in quei giorni Akilinos, re della Calabria, aveva mosso guerra ai Taorminesi a causa d’una vecchia faida, il santo vescovo innanzitutto si informò minuziosamente dei motivi del contendere, facendosi portare dagli archivi cittadini un antico libro intitolato La guerra di Tauro; munì poi l’esercito di stendardi che riproducevano il volto di Cristo. Quando infine l’esercito di Akilinos pose l’assedio a Taormina, Pancrazio salì all’acropoli e sollevò la croce sulla città, volgendosi a oriente, a occidente, a nord e verso il mare; accanto aveva i diaconi Evagrio e Taziano, che reggevano un icona ciascuno. Allora il terrore piombò sugli assedianti: dalle mura della città avevano visto alzarsi un sole che li fulminava con i suoi raggi, e poi un altro sole, e ancora un terzo sole. I guerrieri di Akilinos si prostrarono ai piedi di Pancrazio, e venerarono le icone, i tre soli che li avevano abbagliati. Dopo averli benedetti, il santo vescovo rimandò in Calabria l’esercito prima nemico, insieme a sacerdoti e diaconi che predicassero la Buona Novella. Approfittando però dell’assenza da Taormina di Bonifacio, divenuto protettore dei cristiani, l’empio Artagaro, servo del gran dio Scamandro, teso un agguato a Pancrazio, lo uccise a coltellate.

10           I 45 santi martiri in  Nicopoli d’Armenia.

11            Sinassi del dogma di Calcedonia, e memoria della santa grande martire Eufemia.

12           I santi martiri Proclo e Ilario.

                Il nostro padre tra i santi Ermagora, primo vescovo di Aquileia, con il suo diacono Fortunato.

                Il nostro padre tra i santi Gaudioso

Vescovo di Abitene in Africa, Settimio Celsio Gaudioso fu espulso dagli empi ariani, al tempo di Genserico re dei Vandali. Raggiunta Napoli, vi fondò un monastero in località detta Caponapoli.

13           Sinassi dell’arcangelo Gabriele.

                Nello stesso giorno, se cade di domenica, oppure nella prima domenica che viene dopo, facciamo memoria dei santi padri del IV Concilio Ecumenico in Calcedonia.

14           Il santo apostolo Aquila.

15           I santi martiri Cirico e Giulitta.

                La santa martire Dominata, con i suoi figli Cassiodoro, Senatore e Viatore.

Rimasta vedova di Cassiano, prefetto della Sardegna, Dominata si stabilì con i tre figli, militari, a Cesarea di Mauritania, l’odierna Cherchel d’Algeria, dove convertì molti ariani all’ortodossia nicena. Attorno al 468, Dominata e i figli furono costretti a fuggire dall’Africa, e si rifugiarono dapprima a Lipari, e poi nella Sicilia continentale. Mentre però cercavano di raggiungere Ipponio, furono sorpresi dai Goti ariani e uccisi. Il vescovo Alessandro di Tauriana depose i loro corpi nel Martyrion presso le Terme di quella città.

16           Il santo sacromartire Atenogene, autore dell’inno del Lucernale.

17           La santa grande martire Marina: licenza di vino e olio.

                Il santo martire Sperato.

18           Il santo martire Emiliano.

19           La veneranda Macrina.

20          L’ignea salita al cielo del glorioso profeta Elia: licenza di vino e olio.

                La nostra veneranda madre Marina, Pazza per Cristo.

Questa nostra madre nacque dalla famiglia Pandariti nell’anno 1062, a Skanio di Messina. Scelta la pazzia per Cristo, indossò abiti maschili e per due volte pellegrinò a Gerusalemme. Tornata in Sicilia, si diede all’esicasmo in un piccolo kellion presso il villaggio natale, dove si addormentò in pace.

21           I venerandi nostri padri Simeone, pazzo per Cristo, e Giovanni.

22          Santa Maria la Maddalena, apostola degli apostoli: licenza di vino e olio.

23          La lotta del santo martire Focà.

                Il nostro padre tra i santi Apollinare d’Antiochia, primo vescovo di Ravenna, nel primo secolo.

24          La santa grande martire Cristina.

Secondo alcuni, subì il martirio in Tiro di Fenicia; secondo una più fondata tradizione, invece, nella meno nota Tiro della Tuscia, presso il lago di Bolsena, dove sin dal quarto secolo in suo onore fu eretta una chiesa.

                San Fantino il Cavallaro.

Egli era ortodosso di nascosto, perché al servizio di un ariano, vandalo o goto, a nome Balsamio; essendogli stato affidato dal padrone un gregge di cavalli, viveva sui monti, scegliendo la solitudine e l’isichìa per tendere a Dio la mente. Fantino era piissimo verso i poveri: provandone pietà e non avendo niente da dare loro, perché servo, nel tempo della mietitura trebbiava le messi dei bisognosi, e ciò di nascosto, di notte. Mentre il beato era così disposto verso i poveri, il diavolo istigò uomini amanti del male ad accusarlo falsamente. Dicono al padrone: “Perché il tuo servo affatica i cavalli, trebbiando il grano a conoscenti e amici?” Egli, adirato, s’alza e va a vedere. Ma Fantino batté i covoni con il frustino che teneva in mano, e questi apparvero come erba nel campo. I cavalli riposavano sull’erba ed egli stesso fingeva di dormire. Sopraggiunto il padrone e avendo visto, era luna piena, che i cavalli erano sdraiati, se n’andò tranquillo. Ma i nemici vanno di nuovo da Balsamio: “Il tuo servo stanca i cavalli per le fatiche altrui! Va’ e vedi”. Subito si alza e va, ma il santo montò a cavallo e si allontanò, spingendo avanti la mandria per attraversare il fiume. Questo fiume è di corso pericoloso; fu detto Metauro perché passa in mezzo a Tauriana, la città del re Tauro. Era una città famosa, e i suoi ruderi, su entrambi le sponde, rivelano l’antica grandiosità, anche se il centro è disabitato a causa delle devastazioni avvenute. Il santo alzò il frustino e percuotendo l’acqua, disse: “Fermati, Metauro!” L’acqua si fermò di qua e di là, e il santo passò con i cavalli come su terra asciutta. Il padrone, che lo inseguiva, si mise a gridare: “Pietà di me, servo di Dio!” Il santo fece sì che anch’egli passasse al di là come per terra solida; allora Balsamio cadde ai piedi del santo, chiedendo perdono e dicendo: “Ora so che veramente tu sei servo di Dio!”

Il vescovo Pietro di Tauriana scrivendo nell’ottavo secolo, riferì su di lui molti miracoli operati dal santo, spesso essendone stato egli stesso testimone. Il monastero di Tauriana, restò in piedi sino alla prima metà del XVI secolo, quando fu devastato e saccheggiato dai Turchi, i quali però rispettarono il corpo di san Fantino: nel 1551, invece, giunse in visita ispettiva un incaricato pontificio, Marcello Bazio, detto il Terracina, e non si sa che fine abbiano fatto le reliquie.

25          Dormizione di sant’Anna, madre della Madre di Dio: licenza di vino e olio.

26          La santa grande martire Paraskevì: licenza di vino e olio.

Secondo la tradizione nacque in qualche città presso l’antica Roma, ma è meglio indicare una qualche città della Regione del fiume Noto, nella Sicilia orientale, oppure della Locride, nella Sicilia continentale.

                La veneranda madre Ierusalìm.

Giovane asceta, è più conosciuta con il nome di Rusalia o Rosalia, ma spesso è confusa con la madre di san Secondino. Il suo culto, un tempo diffuso anche nel Peloponneso e in Rumelia, oggi sembra vivo solo nel Palermitano.

27           I santi anarghiri Panteleimon ed Ermolao: licenza di vino e olio.

                San Celestino, papa dell’Antica Roma, che si addormentò nel 432.

28          I santi apostoli e diaconi Procoro, Nikanor, Timon e Parmenàs.

                La nostra veneranda madre Irene.

Nata in Cappadocia, dal siracusano san Metodio, arcivescovo di Costantinopoli, fu consacrata diaconessa e igumena del Sacro Monastero di Crisovalanto nella Città.

29          Il santo martire Callinico di Gangre.

30          I santi apostoli Sila, Silvano, Crescente, Epeneto e Andronico.

                Il nostro padre tra i santi Pietro il Crisologo, vescovo di Ravenna, nell’anno 433.

                La veneranda Angelina.

Sposa di santo Stefano Brancovic, detto il Cieco, despota di Srem, visse per molti anni esule in Italia, e si addormentò nel 1520.

31           Sant’Eudokimo.

                Domani, a Dio piacendo, iniziamo il digiuno del 15 agosto.

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