martedì 16 giugno 2009

Il conte o re Ruggero e i Diplomi normanni

Molte istituzioni e molti monumenti dell’Italia meridionale sono datati sulla base di Diplomi normanni, cioè documenti pubblici, attribuiti agli invasori e poi dominatori, e in particolare a Ruggero d’Altavilla. Non si tiene però conto che:

1. I Diplomi originali – o, meglio: che potrebbero essere originali - sono pochissimi (5\6?): tutti gli altri sono copie dal 14° secolo in poi (ce ne sono addirittura del 18° secolo);

2. nella quasi totalità dei casi, nessuna delle copie suddette è originale (!), ma copie di copie, e per di più conosciute solo tramite transunti del 17\18° secolo o presunte trascrizioni (autocertificate: per esempio, da D. Martire);

3. tranne qualche decina di copie ancor oggi conservate all’Archivio del Collegio Greco di Roma, quasi sempre si ignora dove mai gli Autori che li citano abbiano visto i Diplomi in questione.

Nessuno dei Diplomi (presunti originali o copie che siano) è pienamente soddisfacente, in quanto

a. spesso chiamano re Ruggero in anni in cui era conte (o viceversa);

b. non hanno quasi mai “firme”;

c. non hanno mai sigilli, “timbri”, (e neppure tracce che attestino l’esistenza di qualche sigillo)

d. quasi mai sono correttamente datati: parlano di un giovedì 4 aprile 1081, mentre quell’anno era domenica; parlano di un 1081 – indizione 8a anziché 4a; indicano come località Palermo mentre Ruggero era di sicuro a Mileto, ecc.

Gli “errori” sono così tali e così tanti che alcuni Autori – anche moderni - spesso sono portati a “correggere” di propria iniziativa, pur di non essere costretti a rigettare tali Diplomi come falsi o, meglio, creati verso la fine del XIII secolo e dopo a fini catastali: i monasteri, chiamati a dimostrare a quale titolo possedessero questa vigna o quel bosco, erano costretti a presentare una qualche pezza d’appoggio (va da sé, emanata da una qualche Autorità “legittima” agli occhi degli Angioini), confezionando a tale fine persino Vite di santi (vedi, per esempio, le Vite di san Giovanni Theristì).

Documenti falsi, ma funzionali alla tesi d’una sostanziale tolleranza se non proprio benevolenza dei Normanni nei confronti della popolazione romano-ortodossa dell’Italia Meridionale: a proposito, il documento meno studiato e citato è, infatti, il famigerato Concordato di Melfi, questo sì autentico.

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