venerdì 22 maggio 2009

Riserva Eucaristica

Chiamiamo così i Doni consacrati il Grande Giovedì e conservati per i malati: l’uso è già attestato sicuramente nel 708. Simeone di Tessalonica la chiama Parakatathìki (deposito), mentre popolarmente è indicata come Margarite (perle). In merito:

a. non è lecito preparare la Riserva in altra Liturgia che in quella celebrata al Vespro del Grande Giovedì;

b. la Riserva è destinata esclusivamente per la comunione dei malati e solo se non si può celebrare immediatamente prima, quindi

c. non può essere utilizzata per la comunione dei neobattezzati se non per gravissimi motivi, ovvero “in articulo mortis” (se cioè si prevede che non possano restare in vita sino a una successiva Liturgia);

d. la Riserva non può essere conservata in abitazioni private, in templi nei quali non si celebra almeno una volta la settimana e tanto meno in luoghi di culto non propri;

e. il sacerdote deve controllare spesso lo stato di conservazione della Riserva e, qualora fosse necessario, immediatamente consumare; in ogni caso essa

f. deve essere obbligatoriamente consumata – al più tardi - nella Liturgia celebrata al Vespro del successivo Grande Giovedì.

La Riserva si ottiene in questo modo:

a. alla pròtesi del Grande Giovedì il sacerdote prepara un secondo Agnello, ripetendo quanto fatto per il primo;

b. all’elevazione, leva entrambi gli Agnelli;

c. dopo aver immesso lo zeon nel calice, intinge l’Agnello e lo depone (“rovesciato”, perché cominci ad asciugare) su un disco apposito, che lascia sull’antiminsio (che, quindi, non richiude);

d. alla fine della Liturgia o appena possibile (ma indossando almeno l’epitrachilio) con la Lancia riduce l’Agnello in frammenti che farà disseccare.

L’essicazione può essere

1. naturale (in un ambiente molto asciutto e arieggiato; sotto controllo ci si può eventualmente giovare dell’azione del sole), oppure

2. “forzata” (sovrapponendo il disco a una fonte di calore):

in entrambi i casi, occorre rigirare (usando la punta della Lancia) i vari frammenti, perché non s’attacchino al disco (e, in caso di essicazione forzata, non si carbonizzino).

La Riserva deve essere conservata nell’artoforion, sospeso sulla mensa della Pròtesi o sulla Sacra Mensa, e davanti vi deve ardere sempre una lampada (perciò detta luce che-mai-si-spegne).

L’artoforion può essere di legno pregiato (l’Agnello si conserva meglio perché il legno “respira”) o di metallo ugualmente pregiato. La forma originale è quello di una mela (perciò è detto pixomilon, pisside-mela) o di una colomba, sospese a una catena. Ai nostri giorni - per influenza occidentale - si vedono artoforia a forma di tempietto (“tabernacolo”), collocati – sempre per influsso occidentale - sulla stessa Sacra Mensa.

Nessun commento:

Posta un commento